Posts tagged: Coconino Press

Non costa niente – Saulne

Non Costa Niente - Sauline
Più giovane di me di troppi anni, Sylvain Limousi, in arte Saulne, ha pubblicato quella che credo sia la sua opera prima, Ça ne coûte rien (in italiano Non costa niente – edito dalla solita Coconino Press) nel 2011. Una storia relativamente semplice (un giovane francese, in attesa di una eredità, si trasferisce per un po’ a Shanghai, e, finendo via via i soldi che aveva da parte, inizia a vivere spendendo sempre meno, arrivando a cambiare la sua percezione di sé e del mondo che lo circonda) che fa da scheletro per un’opera complessa e matura, in cui i piani di lettura sono tanti. Un cambio stilistico (relativo principalmente al colore) sottolinea il cambio mentale del protagonista, accompagnando il lettore in un viaggio che lascia il segno, e che difficilmente può non fare riflettere. E anche se il consumismo, il razzismo, il vuoto che sembra accompagnare alcuni personaggi, non dovessero colpire allo stomaco i più smaliziati, rimarrebbe l’ambientazione e il percorso psicologico del protagonsita a non fare dubitare del valore di questo bel volume. L’ennesimo bel regalo di una casa editrice che di norma non sbaglia un colpo nella sua ricerca di autori più o meno giovani, da tradurre nella nostra lingua.

Quequette Blues – Baru

Quequette Blues (cover)

Non possono mancare, tra i miei regali di Natale, anche dei fumetti. Quest’anno due meritano almeno una nota su questo blog, e il primo è della consueta Coconino Press: Quequette Blues, di Baru. Baru, di cui ho già recensito in passato Povere nullità, ha qui, in quest’opera proposta la prima volta nella prima metà degli anni ottanta, una forza espressiva davvero notevole. Un tratto “povero” ma molto intenso, per un romanzo di formazione da brivido, per un capodanno visto tramite gli occhi di un gruppo di ragazzi, alla ricerca di sesso, alcol e rock’n’roll. Autobiografico o meno che sia, il realismo delle scene e dei dialoghi è praticamente perfetto. Il passaggio all’età adulta (tramite l’iniziazione sessuale, desiderata quanto temuta) in un piccolo paesino vicino al confine, dove il futuro per tanti sembra la fabbrica – alla cui ombra si muovono disperazione e noncuranza – ricorda così tante altre cose, così tante storie sviluppate in paesi diversi, da fare capire che la gioventù che vuole essere anche solo un po’ ribelle, i desideri del piacere facile, la dannazione che ci arriva dal nostro pensare ad un futuro inevitabile ancor prima di capire se lo è davvero, sono archetipi, sono elementi così insiti in noi, che possiamo riconoscerli tanto nella scena di una fumosa e misera balera, quanto in quella di un qualunque altro luogo, avanti o indietro nel tempo.

Qui la storia è una non storia – come si diceva si parla di due tre giorni a cavallo di capodanno, passati quasi completamente senza dormire, girando da un locale all’altro, con una scommessa relativa al perdere la verginità, mentre dal dettaglio dei discorsi stupidi di un branco di ragazzi si deduce l’ambiente, la scena, l’atmosfera – ma in questo niente che capita si percepisce e si gode la vita raccontata, descritta, disegnata. Un capolavoro, da avere o almeno, assolutamente, da leggere.

Un cielo radioso – Jirō Taniguchi

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Anche quest’anno una parte dei miei regali di compleanno è stata composta da fumetti. E il primo di cui vi voglio parlare è Un cielo radioso, di Jiro Taniguchi, edito dalla “solita” Coconino Press. Di questo grande mangaka giapponese avevo già avuto il piacere di leggere In una lontana città (un capolavoro) e devo ammettere che quest’altra opera (successiva) non è all’altezza della precedente. Ma questo non vuole affatto dire che non si parli comunque di qualcosa di interessante e molto gradevole da leggere, con una bella regia, e con un registro di alto livello sotto molti aspetti.

Tutto parte da un incidente, causato dalla stanchezza, tra un furgone e una moto. Kazuhiro Kubota, alla guida del mezzo più pesante, perde il controllo del suo veicolo e investe il più giovane Takuya Onodera, facendolo volare sull’asfalto. L’esito di questo scontro è la morte in ospedale di Kazuhiro, sposato e padre della piccola Tomoni, ma qualcosa di “magico” capita nel momento della sua dipartita, perché all’uscita dal coma di Takuya, non c’è (solo) la sua coscienza/anima nel suo corpo. Kazuhiro è in qualche modo riuscito a rimanere tra i vivi, anche se solo per un po’ di tempo, e quest’opera ci racconta di questa fase d’intermezzo, in cui quest’uomo cercherà di lasciare i suoi cari in un modo migliore, “sfruttando” il corpo di Takuya, facendo “crescere” spiritualmente anche quest’ultimo.

Delicato, ma concreto, Taniguchi riesce a non essere “stucchevole” in una storia alla Ghost in cui l’amore, i rimpianti e la consapevolezza del peso delle nostre scelte sono lo scheletro per una bella fiaba moderna, che ci porterà sicuramente a qualche riflessione interiore. Non indimenticabile, ma notevole. E quindi da consigliare.

Il Bel Tempo – Joe Matt

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La Coconino Press (una delle case editrici italiane che si occupano di fumetti di cui ho più materiale a casa) si è occupata della pubblicazione in italiano di un’opera di Joe Matt (più noto per il sempre autobiografico PeepShow). Un’opera interessante, curiosa, sfrontata, che ci propone l’infanzia dell’autore – in un America anni 70 che si vede appena tra le righe – facendo capire a tutti che chi si occupa di fumetti normalmente qualche problema, anche solo comportamentale, è probabile che ce l’abbia :-)

Seguire le vicende del biondo occhialuto Joe, terrorizzato dai germi, spaventato dai bulli, ma pronto a ridere di altri meno fortunati di lui, o a “tradire” gli amici senza pensarci troppo (se c’è una contropartita ritenuta interessante), o ancora a trattare a pesci in faccia la mamma e il papà, lascia uno strano gusto in bocca. Si apprezza l’esasperata sincerità (il giovane Joe faceva ancora la pipì a letto ad una età in cui forse un altro genitore avrebbe consultato uno specialista), ci si gode un po’ quell’essere poco più di bimbi in una atmosfera che più che la nostra ricorda quella dei film, si studia volentieri il gioco delle immagini e le sequenze.

Un opera strana ma intrigante che forse sa far riflettere (su se stessi, sul mondo, sui propri ricordi) di quanto ci si potrebbe aspettare in un primo momento.

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