Dopo (credo) secoli dalla chiusura di Google Video, ho finalmente “spostato” il mio cortometraggio Gocce (premio miglior sceneggiatura al The Reign of Horror Short Movie Award 2006) su YouTube. Se avete 22 minuti da buttare/investire/fate voi ora avete di nuovo un modo per dargli una occhiata: http://www.youtube.com/watch?v=AzjfTjxgJCo
Ah – regia Massimo Borri, altro attore principale Federico Malavasi, audio curato da Thomas Serafini.
Ah (2) – qualche piccola curiosità:
– lo script è stato ovviamente ritoccato più volte prima di arrivare alla stesura definitiva (comunque non allineata al 100% al testo del video, perché alcune battute sono state modificate durante le riprese). I cambi più grossi nei dialoghi sono però stati fatti per ridurre lo “slang” che ho utilizzato per i personaggi, tanto accentuato (almeno secondi i miei collaboratori) da far soprannominare il corto (come codename interno) “Cazzo, Giulio! e il segreto del paiolo“.
– nelle riprese ci sono un paio di errori, notati solo in fase di montaggio, che alla fine sono stati lasciati. Nulla di trascendentale, ma, se ci fate caso, c’è almeno un punto in cui si vede il copione appoggiato vicino ad uno dei due attori.
– l’appartamento che si vede nelle riprese è quello in cui io abitavo allora.
Conosco i “ragazzi” (lo sono più di me, ma il tempo passa per tutti :-)…) del collettivo XoMeGaP da un bel po’ di tempo, avendo avuto il piacere di leggere qualcosa di loro grazie ad alcune iniziative legate a KULT Underground, per poi proseguire con tanti piccoli passaggi, fino ad arrivare ad una collaborazione per un progetto letterario (OpenBook) legato al servizio biblioteche di Modena, collegato alla prima edizione di BUK Modena.
Sono persone in gamba, e hanno un bel percorso alle spalle, sul web e sulla carta, sia come singoli sia come gruppo. Ma direi di non sbagliare troppo nel sostenere che è questa uscita lo sbocco più serio del loro essere autori insieme. Questa è la loro occasione. Non una antologia, questa volta, non un paio di e-book, ma una trilogia fantasy, pensata e curata per essere il loro cavallo di battaglia. Un’opera ampia, corale nella struttura (ognuno degli autori seguirà in dettaglio un personaggio, in capitoli alterni), che ha le carte per ritagliarsi un po’ di spazio nel panorama italiano di genere. A dare loro fiducia un editore locale (Edizioni Domino) che sembra avere confezionato alla grande quanto realizzato, e che si sta muovendo al meglio possibile per promuovere e distribuire questo volume.
Sarà possibile sfogliare Le sorgenti del Dumrak per la prima volta il 4 marzo, alle 15.00, al Foro Boario di Modena, all’interno della nuova edizione di BUK. Se siete in giro e siete appassionati di questo tipo di letteratura vi consiglio di non perdervi l’occasione di incontrarli e di valutare il libro per l’acquisto – ma se anche non riuscite ad essere in zona, sappiate che potete comunque scoprire tutto su quest’opera grazie al sito ufficiale – che linko volentieri: http://xomegapfinisterra.blogspot.com/
roboXcape permette di muovere il vostro alter ego digitale utilizzando DUE distinti tipi di controller, che vi permetteranno di scegliere tipologie di gioco in qualche modo differenti.
Controllers
Pad
Il sistema di input più riconoscibile è sicuramente il pad su schermo (che potrete scegliere di posizionare a destra o a sinistra). Cliccando e/o trascinando il dito sopra di esso potrete spostarvi facilmente nelle quattro direzioni possibili. Alzando il dito il personaggio si fermerà (con solo un minimo di inerzia).
Swipe
Il controllo tramite swipe è il più comodo su piccoli dispositivi, o se non volete tenere costantemente un dito premuto sullo schermo. Attivandolo, per muoversi basterà una gesture nella direzione voluta, e il personaggio inizierà a correre in quella direzione in modo costante. Per interrompere la sua corsa basterà un tap sullo schermo. Con questo controller non dovrete preoccuparvi di DOVE appoggiate le dita, ma solo della direzione del movimento che fate con esse.
Come promesso è tempo di iniziare a descrivere roboXcape, e l’idea è di iniziare a farlo postando man mano pezzi di quello che verrà poi utilizzato (in inglese) per la pagina ufficiale. Questi post non saranno “ordinati” – nel senso che non seguiranno necessariamente un ordine sequenziale – non tanto per una elaborata strategia di marketing, ma proprio perché anche questo aspetto della produzione viene realizzato in base a priorità interne legate al tempo a disposizione, e alla suddivisione del lavoro.
Comunque sia – ecco qua un po’ di materiale relativo a questo platform 3D.
Con le tante cose aperte mi sono sempre dimenticato di segnalare la versione e-book per Amazon Kindle di Natale per Caso – opera a quattro mani realizzata con Fabio Trenti e presente anche come App per iPhone/iPad. Nel caso vi siate regalati / fatti regalare un lettore lo scorso natale e siate in acquisto compulsivo fate immediatamente un salto a questo indirizzo e mettete alla prova la vostra forza di volontà :-)
Non sapete di cosa parla questo capolavoro della letteratura (o forse dovrei dire “questo imperdibile capolavoro?”) ecco qua la consueta quarta di copertina :-D
Due persone diverse ma con lo stesso nome, nella stessa città, lo stesso giorno di dicembre. Due destini che si intrecciano, quasi solo per caso, in una moderna ”storia di Natale”. C’è un Mario single, che fa il tassista e che vorrebbe diventare un rapper famoso. E c’è un Mario, sposato che lavora come corriere in una piccola ditta di trasporti. Non si conoscono ma vivono nella stessa città (Modena) e in uno specifico martedì di dicembre, a pochi giorni da Natale, hanno una giornata “speciale” in cui i loro destini si sfiorano per caso ripetutamente, costruendo per entrambi un lieto fine differente e inaspettato.
Ok, ci stiamo in effetti muovendo con tempi più lunghi del previsto (la programmazione di giochi viene in fondo dopo il full-time job e gli impegni familiari e in questo periodo, quindi, anche la neve ha in qualche modo ostacolato la lavorazione), ma con la sessione a due di ieri sera/notte dovremmo essere arrivati a una prima late alpha / pre-beta di roboXcape da distribuire (per Android) a pochi volenterosi e fidati beta tester per avere i primi feedback.
A che punto siamo? Beh, mancano ancora i suoni, un paio di feature, il tutorial/l’help poi rimarranno da creare/rifinire i 36 livelli del gioco (suddivisi in 3 world separati) e il debug – un po’ brigoso tenendo conto che usciremo sia per Android (cellulari e tablet) sia per iPhone/iPad. E giacché stiamo lavorando per fare in modo che il gioco sia fruibile anche su dispositivi “vecchi” (…tenete conto che io ho ancora un iPhone 2G :-)…) probabilmente servirà un po’ di tempo extra anche per eventuali ottimizzazioni, nel caso qualche livello risulti “pesante” per processori lenti.
Ma, salvo problemi, tutto dovrebbe comunque essere gestito nel giro di alcune settimane.
Nel frattempo vedremo comunque di rilasciare un po’ di altre informazioni (corredate da immagini e, spero, filmati) in modo che possiate intanto iniziare a capire il tipo di gioco e le sue caratteristiche. Stay tuned :-)
Un’altra ottima pubblicazione, firmata dalla coppia Jacques Tardi e Jean-Patrick Manchette, in questo caso edita dalla BD, che ci propone una storia intrigante e senza fronzoli, dalla struttura solida, in grado di colpire e stupire, senza “effetti speciali”. Georges Gerfaut, il protagonista, non è un eroe. Ha moglie e figli, un lavoro normale, beve. Non è cattivo, non è buono. Un giorno decide di fermarsi ad aiutare la vittima di un brutto incidente d’auto, portandolo all’ospedale, per poi andarsene senza lasciare i propri dati, annoiato semplicemente dalla situazione. E questa buona azione sarà l’inizio dei suoi guai. Non perché la polizia lo cerchi pensandolo resposabile dell’incidente (cosa che la moglie gli dice sarebbe potuta accadere), ma perché da quel momento avrà alle costole due killer che cercheranno, con sempre più convinzione, di farlo fuori. E così, senza capire il perché, inizia la sua avventura, vissuta in fuga, con un atteggiamento di chi solo a tratti cerca di essere davvero protagonista della propria vita. Tutto accade “intorno”, colpendolo, e lui reagisce come può, senza passione, senza aspettative.
Una narrazione perfetta, francese al gusto, supportata bene da quel tratto deciso e d’autore che non si riesce a non amare, e che si fonde con l’ambientazione e con la vicenda in modo unico.
Splendido il protagonista, ma ben delineati tutti i personaggi, comprese moglie e figlie, e i due assassini, arricchiti con piccoli passaggi esperti, in modo da giungere nel giro di poche tavole dal ruolo di ombre a quello di “attori”, rendendo davvero romanzo questo “piccolo blues”.
È iniziata pochi giorni fa, con la messa in onda delle prime due puntate, la programmazione di un nuovo promettente serial che l’ABC è riuscita ad ottenere vincendo un’asta sui diritti che la vedeva contrapposta alla NBC. I confronti di The River con Lost, citati da più parti, sono probabilmente dovuti più che altro all’aspetto visivo della giungla in cui la storia si muove (anche se qui siamo da qualche parte lungo il Rio delle Amazzoni, e non su un’isola posizionata chissà dove), ma in effetti gli aspetti soprannaturali non mancano neppure in questa nuova produzione, come non mancano neppure personaggi interessanti, in una tenuta che ricorda parecchio quella degli isolani più famosi di sempre.
La trama è quella tipica di una certa letteratura horror d’altri tempi: un personaggio (il famoso esploratore Emmet Cole) è scomparso in uno dei suoi viaggi in Sud America, un viaggio di cui nessuno sembra sapere molto, e nel quale aveva deciso di non avere con sè alcune delle persone con cui di solito lavorava. Ma, dopo sei mesi di ricerche infruttuose, proprio quando ormai si inizia a celebrarne la morte, un segnale del suo dispositivo di soccorso viene intercettato e quindi moglie, figlio e una piccola squadra di persone partono per cercare di rintracciarlo. Quello che scopriranno, muovendosi nei meandri del rio è che quest’uomo – il cui motto è sempre stato “There’s magic out there”, parlando delle meraviglie della natura – in quest’ultima spedizione si era messo a cercare un aspetto della magia meno innocuo.
Bello il background e belle le relazioni tra i personaggi. Non così bella la scelta di regia di proporre il serial come mockumentary (cioè far finta che la spedizione sia ripresa in stile real tv e che noi stiamo guardando quelle riprese montate). Ma complessivamente le prime due puntate comunque “reggono” – nonostante parecchie “falle” e qualche scelta poco convincente – e viene davvero voglia di capire cosa è capitato (e dov’è ora) il signor Cole. Soprattutto sapendo che (almeno la prima stagione) dovrebbe essere contenuta tutta in solo otto episodi – garantendo così un certo sviluppo organico a questa avventura.
Girato con un budget abbastanza basso, e con praticamente tutti i giovani attori non professionisti (molti erano già compagni di giochi e amici tra di loro prima delle riprese), Tomboy, di Céline Sciamma, è davvero un bel film. Vincitore di parecchi premi nell’ambito di manifestazioni cinematografiche che hanno un occhio di riguardo per l’omosessualità, questa produzione francese risulta delicata e profonda, e, grazie principalmente all’ottima e (in scena) androgina Zoé Héran e alla splendida Malonn Lévanna (difficilmente si vede una bimba così apparentemente spontanea in un film), merita di avere un respiro di pubblico ampio e universale.
Più che di omosessualità tout-court in questo film si parla comunque di identità sessuale. La protagonista Laure vuole essere un maschio e, grazie al corpo ancora acerbo e hai capelli corti, riesce a “diventare” Michael, una volta giunta in una nuova città, a causa del lavoro del padre. Il gioco non potrà chiaramente durare per sempre, ma la storia è questo suo momento di cambio di ruolo, con la sorellina che la sostiene, per l’aspetto di protezione che un maschio, a quell’età, sa dare, e la progressione affettiva che Lisa (Jeanne Disson) inizia nei suoi confronti, ignorando la verità.
Bella la regia, belli i dialoghi, i silenzi, le immagini. Ragazzini plausibili e in grado di tenere egregiamente lo schermo, forse, solo troppo “buoni”, senza nessuna vera cattiveria mai, in nessuno dei momenti del film.
Da vedere, se non siete allergici a priori ai ritmi della cinematografia d’oltre Alpe, più simile alla nostra, e così diversa a quella anglofona.