The Firm

Non avevo mai letto nessun romanzo di John Grisham prima di The Firm. A casa dei miei i suoi libri ci sono sempre stati (Grisham è l’autore preferito di mio padre) ma la definizione di Legal Thriller mi ha sempre tenuto lontano – nonostante i film tratti dalle sue opere mi siano in realtà sempre piaciuti.  Comunque sia,The Firm (in italiano il titolo è Il socio) è il libro che l’ha reso famoso – dopo il comunque ottimo A Time to Kill – e che l’ha poi spedito nel firmamento degli scrittori ricchissimi, dopo l’uscita dell’omonimo film con Tom Cruise e Gene Hackman. Ed è la sua seconda opera, nel caso ve lo chiediate.

Il socio (libro) finisce in modo diverso rispetto a Il socio (film) e anche nello sviluppo ci sono un po’ di differenze. Il socio (serial TV), produzione canadese americana, uscita a gennaio e terminata giusto qualche giorno fa, riesce ad attorcigliare le cose ancora un po’ di più perché prosegue la trama del film, cambiandola ancora, e cambiando pure altro sui personaggi. Nessuna “violenza”, sia chiaro, anche perché dietro ai primi episodi c’è comunque la mano dell’autore (o almeno la supervisione), solo un paio di “trucchi”, possibili perché la vicenda della serie televisiva è collocata dieci anni dopo la fine del film. Consentendo quindi di “aggiustare” il finale cinematografico (in cui la mafia e Mitch avevano raggiunto un accordo) per arrivare ad una situazione più complicata, dove la mafia cambia idea, dove Mitch e la sua famiglia entrano in protezione testimoni e fanno arrestare il boss, e dove, dopo appunto dieci anni, Mitch, Abby, Ray, Tammy e la figlia Claire, ritornano alla vita “normale” – una volta saputo della morte di Morolto in prigione.

Mitch fa quindi l’avvocato (non più legato all’area tasse, però), sua moglie è insegnante nella scuola della figlia, Ray e Tammy lavorano per Mitch (rispettivamente come investigatore e segretaria). Si parla quindi di un “semplice” serial TV con un giovane penalista? La risposta è ovviamente no, perché, fin dai primi minuti del pilot si scopre che qualcuno vuole uccidere il protagonista, e il motivo non sarà svelato se non alla fine di alcune puntate, quando però altro entrerà in gioco. Ma la struttura, sì, prevede almeno un caso per episodio, diluendo la storia parecchio, se si confronta questa produzione con altre d’azione. Ma i casi sono tutti piuttosto interessanti, la squadra non è male, e, se si riesce ad accettare che alcuni ruoli sono un po’ snaturati, ci si godono comunque i tantissimi riferimenti con la storia classica (diciamo, più nello specifico, con il background dei personaggi del libro). Solo, mi chiedo, se si è deciso di mettere Juliette Lewis nel ruolo di Tammy, non le si poteva fare almeno tingere i capelli di biondo?

Non male comunque, anche se forse con la firma di Grisham ci si poteva aspettare anche qualcosa di più.

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