La talpa
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C’è un regista svedese (Tomas Alfredson, quello di Lasciami entrare) dietro alla nuova trasposizione de La talpa, noto romanzo di John Le Carré, questa volta condensato in un film per il cinema di poco più di due ore. Una trama complessa per una storia di spie seria e curata, resa ancora più imponente da un cast di grandi attori, ma, a mio parere, affogata da scelte di regia, comprensibili tenendo conto dell’obiettivo, che rendono però il tutto spesso lento e quasi sempre poco comprensibile. Non siamo davanti ad un film alla 007 – e questo ce lo aspettavamo – quindi il problema non è che i personaggi siano spie di mezza età, che non vivono per il gesto atletico ma per il sotterfugio, per l’inganno. Ma piuttosto che il gioco dei flashback, e i passaggi temporali, non siano quasi mai evidenziati in modo chiaro, e che le relazioni tra i vari personaggi si perdano in scene che trasmettono più il periodo storico (gli anni ’70) che il progredire della trama. Una storia densa, da rivedere, che sembra avere colpito molto positivamente la critica internazionale, ma che forse non è alla portata di tutti – neppure di chi come me è appassionato di questo tipo di ambientazioni, ma non ha probabilmente una cultura adeguata per collegare i puntini, durante la visione, alla velocità corretta per godersi l’opera.
Ottimo, come dicevamo, il cast, in cui si mettono in evidenza anche i più giovani, e splendide le ricostruzioni e la fotografia.